L'anello delle torture di Pietramelara
- Alfonso Calabrese
- 26 apr
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 12 ore fa
Per questo ultimo sabato di aprile siamo in 5 ad affrontare quello che tutti pensavano fosse un tranquillo giro nell'alto casertano, con partenza da Pietramelara. Come sempre, Alfonso, dopo alcune ricerche sui vari siti social di MTB, alla fine aveva scelto un percorso sulla piattaforma Wikiloc, apportando alcune modifiche minori (o per lo meno pensava fossero tali). Il giro confezionato prevedeva 27 km con poco più di 550m di ascesa. Ma le cose sono andate in modo diverso ed i nostri bikers impiegheranno più di 6 ore per fare ritorno a Pietramelara.
Ma procediamo con ordine. All'appuntamento delle 8:45 sono puntuali Mario (come sempre in netto anticipo), Alfonso, Raimondo e Francesco. Nicola, nonostante si professi esperto della zona, si perde nei vicoli di Pietramelara (nota megalopoli casertana di scaesi 5 mila abitanti) ed arriva con 10 minuti di ritardo. Montate le bici, ci rechiamo ad un bar per il caffè di inizio giro, non prima di aver scattato il primo selfie, nella locale "big bench".

Primo campanello d'allarme. Dopo aver amabilmente conversato con la barista dei sentieri nel circondario, la signora ci dice ridendo "buon giro, se non vi vedo tornare allerto la forestale". Noi usciamo ridendo, ma quella telefonata alla forestale sarà solo sfiorata.
Ci mettiamo in sella e ci dirigiamo, lungo bucoliche stradine secondarie, in direzione Rocca Romana. La strada, dopo un primo tratto in piano (di 5,5 km), comincia a salire con pendenze dure ma fattibili, introno all'8%.
Arrivati alle porte di Rocca Romana, il giro prevede una stradina andata e ritorno verso l'antica torre (1,2 km per 100 metri di ascesa). La salita è molto dura (con punte al 15%) e Raimondo preferisce attendere a valle. I prodi muscolari Francesco e Nicola accettano la sfida e con in testa gli elettrici Alfonso e Mario, iniziano la "Strada Rossa" fino alla rocca.
Dopo aver suonato la campana, con Mario che per la sua troppa foga, sgancia la fune del batacchio. Impiegherà qualche minuto per ripristinare il tutto.

Torniamo giù a tutta birra e, ritrovato Raimondo, ci dirigiamo in leggera discesa verso est. Dopo poco meno di un chilometro, lasciamo l'asfalto per un sentiero che si presenta subito impegnativo. Percorriamo poco meno di 2 chilometri, superando 120 metri di dislivello, con tratti durissimi dove solo Mario ed Alfonso riescono a non scendere dalla bici.
Arriviamo ad un primo scollinamento. Nicola oggi sembra brillante e tiene il passo degli elettrici Mario e Alfonso. Raimondo e Francesco sono provati. Allo scollinamento non lesinano commenti sarcastici contro l'anonimo creatore della traccia su Wikiloc e contro Alfonso, reo di non aver verificato le pendenze.
Alfonso non può che accettare le "pacate" critiche degli amici e rincuorarli, dicendo (o forse sperando): "Ragazzi il peggio è passato. Un paio di altri strappetti in salita e poi si scende!". Ma nulla di tutto ciò avverrà.
Dopo aver somministrato una barretta a Raimondo e una bustina di zucchero a Francesco, procediamo in falso piano per 2 chilometri lungo un sentiero stretto tra rocce. Anche qui si pedala poco e si cammina molto. Lo "strappetto" in salita, evocato da Alfonso, sarà un durissimo chilometro su roccia al 10%. Arrivati in cima scendiamo per 1,6 Km, ancora alternando tratti a piedi e tratti in sella e poi arriviamo ad una stradina asfaltata.
Qui scendiamo a tutta fino ad una fattoria, dove la presenza di una decina di grossi cani maremmani ci sbarra la strada. Vediamo Mario, in testa al gruppo a 50 metri da noi, completamente accerchiato dai cani. Poi però dal fienile esce il proprietario che ci fa segno di avanzare e che i suo "docili" cagnoni non attaccheranno. Superato il tratto arriviamo ai piedi di una nuova salita. Qui la traccia indica un nuovo sentiero sterrato sulla sinistra. Esitiamo poi chiediamo informazioni ad una coppia che sopraggiunge nell'immancabile Panda (nei nostri 10 anni di avventure, la Panda è per distacco il modello più utilizzato in questi paesini n.d.a). La signora ci indica l'ingresso del sentiero e ci dice che lo troveremo non pulitissimo, con qualche rovo. L'alternativa al sentiero è la salita verso Rocca Romana. Nicola, amante molto più della strada che dei sentieri, è per la salita. Per Raimondo e Francesco non se ne parla proprio e quindi ci lanciamo nel sentiero.
Il sentiero è piacevole. Pur non essendo molto battuto è abbastanza pulito e procediamo con buon ritmo fino al guado di un torrente in secca. Qui però avviene il fattaccio. La traccia, fin qui precisa, indica un tornate sulla destra. Ma in quella direzione c'è solo un muro di rovi. Passato il fiume il sentiero finisce. Procediamo tra gli alberi in direzione di una radura e scorgiamo un nuovo sentiero. Siamo fuori traccia ma non abbiamo alternative.
Dopo poche centinaia di metri (in salita, trascinando le bici) arriviamo ad una nuova radura dove incontriamo una squadra di boscaioli.

"Siamo salvi", pensa Alfonso. Ma le difficoltà non sono finite. I boscaioli ci confermano che oltre il torrente c'è un sentiero, ma per raggiungerlo bisognerebbe calarsi nella gola bici in spalla e risalire sull'altro versante. Oppure continuare a seguire il sentiero, che loro avevano aperto con il trattore, per circa un chilometro e mezzo sino alla strada.
Mentre Mario e Nicola valutavano l'opzione "calarsi nella gola", Raimondo con il supporto di Alfonso cambiava la camera d'aria, dopo una foratura tra le mille spine del tratto off track.
I boscaioli ci dicono che esiste una terza via, risalire per 500 metri lungo la via del trattore e poi guadare il fiume in un tratto più semplice. Dopo aver accarezzato l'idea di rientrare a bordo del trattore a fine giornata, decidiamo per l'opzione 3 e ci rimettiamo in cammino.
Ma di questo guado "facile" nessuna traccia. Alfonso, forte della sua Cube ancora al 60% di batteria (lui assicura di pedalare sempre con motore spento o al massimo in Eco), comincia un'esplorazione dei boschi vicino al torrente. Nonostante gli sforzi e dopo essersi quasi del tutto bloccato tra i fitti rovi che a mo' di tentacoli avevano avvolto la sua ruota posteriore (che girava a vuoto in modalità walk) deve abbandonare la ricerca. I nostri eroi di oggi continuano a seguire il sentiero del trattore camminando in un letto di fango. Quando arrivano nuovamente alla strada, scarpe i bici sono irriconoscibili. Francesco si getta a terra e con le ultime energie, aiutato da Nicola, cambia anche lui la ruota, bucata non si ricorda dove, qualche centinaia di metri prima. Alfonso conta i graffi sulle sue martoriate gambe.
Abbiamo effettuato nostro malgrado un anello e ci siamo ritrovati nuovamente sulla strada che ci conduceva alla fattoria dei cani maremmani.

A questo punto siamo non lontani dalle auto (una decina di chilometri) ma dobbiamo decidere se scendere verso sinistra e risalire a Rocca Romana o salire subito verso destra e prendere una stradina che scende verso Pietramelara. Il tratto da risalire a sinistra (che abbiamo percorso poco prima in discesa) è veramente ripido e decidiamo di dirigerci verso Rocca Romana.
Superiamo nuovamente la fattoria dei cani maremmani. Anche in questa occasione, ancora più ringhiosi, ci abbaiano ma noi siamo talmente stanchi che li superiamo senza esitazione alcuna. Arriviamo al punto dove la signora sulla Panda ci aveva indicato il sentiero a sinistra e qui procediamo dritto (la strada che Nicola ci aveva indicato prima dell'"anello delle torture").
Per tutti saranno 10 km di fatica, con Raimondo e Francesco che trovano le ultime gocce di energia e si trascinano sino a Rocca Romana ed arrivano alle auto senza la necessità di un passaggio, proposto da Alfonso.
Prima di ripartire Alfonso si reca al bar ed avvisa la barista che erano vivi e la telefonata alla forestale non era necessaria.
Anche oggi abbiamo portato la pelle (graffiata e stanca) a casa. Un'avventura massacrante ma avvincente come quelle degli anni d'oro del team. Gli anni passano ma siamo ancora in grado di (soprav)vivere queste intense emozioni. Alla prossima!
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