Super Hero Bike Tour 2025
- Alfonso Calabrese
- 6 set
- Tempo di lettura: 30 min
Aggiornamento: 28 set
Prologo
Dopo l’avvincente bike tour dolomitico di fine agosto 2024 e il successivo Helicopter Ski tour nel gennaio 2025, le nuove leve del team Bike&Ski, protagoniste di entrambi gli eventi, scalpitavano in attesa di nuove opportunità dove misurare il loro giovane ardore. Durante l’inverno e ad inizio primavera Lucia, Monica, Livio, Luca, Chiara e perfino il “desaparecido della bici” Emilio si domandavano “ma quest’anno dove andiamo per il bike tour?”. Nell’ombra il “presidente” Roberto ed il “direttore” Alfonso già stavano elaborando un piano. I due decidono quasi subito di affidarsi nuovamente a Marino, esperta guida alpina sanmarinese di nascita ma altoatesina di adozione (un connubio esplosivo), che aveva già collaborato con il team nelle avventure del 2022 e 2024. Marino, ad inizio giugno, comunica un piano di massima: anello di quattro giorni con partenza/arrivo a Pozza di Fassa, due regioni (Trentino e Veneto), 5 valli (Val di Fassa, Val di Funes, Val Badia, Arabba e Val Gardena), 160 chilometri in sella con 4200 metri di dislivello positivo pedalato e più di 7700 metri di dislivello negativo.

Un plebiscito di consensi al piano mette in condizione Roberto di entrare nella fase due, ovvero trovare i rifugi, mentre Marino si occuperà di finalizzare i percorsi, prenotare le e-bike ed allestire un servizio taxi per i bagagli.
Gli otto del 2024, come detto, accettano con energia il nuovo piano: Alfonso, Chiara, Emilio, Livio, Luca, Lucia, Monica e Roberto. Si prova ad allargare il cerchio ed Alfonso estende l’invito ai membri storici del team B&S. Il solo Raimondo mostra un “molto misurato” interesse: “Alfo’ mi piacerebbe. Al momento dico no, ma più avanti potrei rivedere la mia decisione”. Inizia un’altalena di sì, no, forse, “non esiste proprio”, “cosa darei per venire”, “lasciamo perdere”. Un’altalena che durerà tutta l’estate.
Intanto ogni dettaglio viene perfezionato: Roberto blocca la prima, la seconda e la quarta notte in altrettante strutture. La terza, quella tra la Val Gardena e Val di Funes, necessita un lavoro supplementare, a causa della indisponibilità o eccessivo costo dei rifugi contattati. Alla fine, Marino trova (e ispeziona personalmente!) la malga Brogles, che viene opzionata come terza notte. Resta un problema: questo rifugio non può essere raggiunto dal taxi. Quindi sarà necessario portare negli zaini l’occorrente per la notte ed i caricabatterie delle e-bike: “Ragazzi, nessuna paura, basterà solo caricabatteria, una maglietta e lo spazzolino”, tranquillizza Marino. Di questa “tranquilla” tappa e di tutte le peripezie vissute (tra corse sotto una bufera di pioggia gelida, ipotermia, difficoltà logistiche varie, …) parleremo a lungo nel seguito di questo racconto.
Il piano voli viene confermato e acquistato: volo Napoli-Venezia mercoledì 3 settembre alle 17:30 e il rientro domenica 7, alle 21:30. Gli “olandesi” Chiara e Luca, voleranno da Amsterdam per raggiungere il resto del team a Venezia. Due auto a noleggio per trasferire il team a Pozza di Fassa vengono noleggiate a Venezia.
Improvvisamente la sera del due settembre, a 24 ore dalla partenza (dico 24), Raimondo scioglie la prognosi “Alfo’ vengo”. Parte una task force per trovare un posto letto in tutte le strutture. Alfonso chiama tutti gli hotel/rifugi e, dopo non poche difficoltà, riesce ad aggiungere un letto in ogni struttura. Una bici supplementare viene opzionata e lo stesso Raimondo acquista un biglietto Frecciarossa per Venezia e trova un posto sul volo del rientro di domenica sera. A poche ore dalla partenza, con l’aggiunta di Peppe X, siamo pronti!
La partenza, mercoledì 3/9
Mentre Raimondo prende il suo “comodo” Frecciarossa Napoli Venezia alle 13, Emilio e Roberto, nel primo pomeriggio si recano a Casavatore per prelevare in azienda Alfonso. Alle 16h i tre sono al parcheggio lunga sosta Park & Fly di Secondigliano. Hanno 60 minuti per raggiungere il gate. Un traffico molto intenso rende alquanto stressante il viaggio in navetta, con Roberto che su viale Comandante Maddalena ogni cinque minuti propone di scendere ed arrivare a piedi all’aeroporto. Ad ogni modo alle 16:40 i tre arrivano a Capodichino, per scoprire che il volo ha 45 minuti di ritardo. Il tempo per un caffè da Cannavacciuolo, si ritrovano con Monica, Lucia e Livio che intanto, in modo compassato, raggiungono la zona A delle partenze. In attesa del volo Alfonso predispone un nuovo Tricount per tenere conto delle spese e assicurare una equa ripartizione dei costi.

“Alfo’”, esorta Emilio, “ricordo che nel 2024 avevamo rischiato di perdere trolley e cellulari e le ragazze avevano dimenticato parte della attrezzatura. Ora tutto fila liscio!”. Quando si dice “non è vero ma ci credo”, forse sarebbe meglio non “sfruculiare” troppo la buona sorte. Infatti, i sei si imbarcano per Venezia e all’arrivo scoprono che Raimondo è fermo a Bologna a causa di un grave incidente a Ferrara. Al momento la stima è di più di un’ora di ritardo (se tutto va bene). I napoletani si recano al desk Sicily by Car dove ritrovano ed abbracciano gli olandesi Chiara e Luca. Qui c’è da risolvere un secondo problema. Lucia per errore ha prenotato la sua auto a Venezia Mestre e non al Marco Polo. Il direttore Alfonso si mette in modalità “simpatia” e con dolci parole convince l’addetta al desk di cambiare la prenotazione di Lucia, modifica che era stata rifiutata categoricamente dal call center. Ora abbiamo entrambe le macchine, ma un componente del team ancora disperso tra Bologna e Venezia.

Si decide di far partire per Pozza di Fassa i “giovani” Lucia, Monica, Livio, Chiara e Luca con l’auto uno, mentre “i diversamente tali”, Roberto, Emilio e Alfonso si recano nella vicina Mestre per recuperare Raimondo, se e quando arriverà. Giunti a Mestre e parcheggiata l’auto in un multipiano, i tre ingannano l’attesa in una pizzetteria al taglio “da Michele”. Pur non essendo il nostro Michele, i tranci sono accettabili e quando finalmente arriva Raimondo si decide per un nuovo giro di pizza. Intanto, i giovani presi dai crampi della fame, decidono di fermarsi a Vittorio Veneto e cenare presso il ristorante San Lorenzo.

I meno giovani, ora al completo con Peppe di Mestre, si rimettono in marcia e senza altre soste arrivano sfiniti alle 23:50 all’hotel Monzoni di Pozza di Fassa, dieci minuti prima della chiusura del check-in! I giovani arriveranno dopo la mezzanotte, con Roberto che a mo’ di portiere di notte, consegnerà loro le chiavi. Notte tempo Peppe di Pozza di Fassa, elabora il suo primo Reel dell’avventura dolomitica (peppe_reel#1).
Day One (4/9) - Da Pozza a Fiè allo Sciliar
48,5 km; 1190m D+; 1620m D-; 7:51 ore in sella; nessun impianto; traccia; peppe_reel#2; video; relive
La notte al Monzoni (gruppo Garibaldi Hotels) passa veloce, con i nostri eroi impazienti di inforcare i loro destrieri in carbonio. Tutti in orario (o quasi) in sala colazione per un primo pasto abbondante, ma poco tipico: non c’è lo speck per la sorpresa di Emilio, che con questo salume affumicato inizierà un amoreggiamento culinario che terminerà domenica in serata.
Terminata la colazione, preparato lo zaino e bagagli, incontriamo e riabbracciamo la nostra guida Marino. Facciamo poi conoscenza del team dell’auto ammiraglia, ovvero i simpatici e pimpanti genitori di Marino. Dopo aver consegnato a Marino copia del libro “Bike&Ski Dieci anni di Avventure” e aver lasciato nell’auto ammiraglia i nostri bagagli, ci dirigiamo in auto al vicino Fassa Bike Rent. Pur con le precise indicazioni di Marino e con lo stesso che ci precede in bici, riusciamo a perderci e solo dopo quattro telefonate, un punto mappa su WhatsApp e fisicamente Marino sulla strada, riusciamo a trovare il bike rental. Sarà il preludio per un giro out of control? Continuate a leggere e lo scoprirete.
Mentre Roberto e Livio portano le due auto al vicino parcheggio, per gli altri comincia il walzer delle bici e delle taglie. Senza non poche difficoltà si trova una quadra per tutti, con Roberto e Raimondo che si contendono l’ultima “L”. Pagate le bici (204 Euro per i quattro giorni a cranio), ritiriamo casco e catene (queste avranno un ruolo importante, non come antifurto, ma come mezzo di traino!). Infine, dopo un veloce training sull’utilizzo delle bici, delle fiammanti full Orbea motorizzate Bosh CX, siamo pronti a partire. Sono le 9:30 ed in leggero ritardo comincia l’avventura “Super Hero Bike Tour 2025”.
“Ragazzi, per l’acqua non vi preoccupate, vi porto io ad una prima fontanina”. Marino si pone in testa mentre, memore dei problemi del giro del 2024, è il coscienzioso e diligente “direttore” Alfonso a chiudere il gruppo.
Arriviamo alla fontanina e per poco non abbiamo i primi “caduti sul campo”: si tratta infatti di una fontanina di acqua sulfurea e praticamente imbevibile. Dopo aver assaggiato l’acqua, sui nostri volti si palesano smorfie di disgusto che ricordano l’urlo di Munch. Svuotiamo le borracce del liquido sulfureo e ripartiamo. Dopo un primo selfie di gruppo si riparte verso la prima tappa di oggi, il lago di Carezza.
Saranno giornate di salite interminabili e subito si parte con la prima verso il lago. Giusto per scaldare le gambe, lungo un sentiero nella boscaglia, registriamo le prime cadute, prima di Monica e poi di Chiara.
Non lesinando nell’utilizzo dei motori, con il Turbo utilizzato sugli strappi più ripidi, arriviamo al lago o, meglio, su un punto panoramico dove vediamo il lago dall’alto. Le due “coppie” Lucia/Livio e Chiara/Luca iniziano la loro sequenza di selfie. Ma anche gli altri cominciano la loro raffica di scatti.
Marino chiede se si vuole scendere a bordo lago, per poi risalire nuovamente aggiungendo 200 metri di dislivello alla giornata. Con Raimondo in testa, un secco e perentorio “no grazie” è la risposta del gruppo. Di nuovo in sella si prosegue, sempre inesorabilmente in salita per il passo Nigra. Roberto ed Emilio sembrano tonici e in grande forma. Monica e Chiara, nonostante la caduta sono più pimpanti che mai. Livio, memore della disavventura del 2024 dove si perse sulle Tofane, è sempre in contatto visivo con il gruppo. Lucia, riesce a pedalare ed effettuare decine di chiamate di lavoro allo stesso tempo. Il più in forma di tutti è Luca, che sfoggia un fisico palestrato e sembra mordere l’asfalto. E poi abbiamo i due cumparielli Alfonso & Raimondo, già con il fiatone e con le gambe come “due pezzi di legno”.

Si sale, si sale, si sale. Su un pianoro ci fermiamo per rifiatare e qui un’allegra coppia di trekkers ci domanda dove stiamo andando. Alfonso farfuglia qualcosa tipo “ni … gr .. aaa” e i due, sorridendo, lo rassicurano che manca poco. Ecco fermiamoci un attimo sul concetto di “poco”. Questo aggettivo indefinito di quantità sarà molto utilizzato da Marino in queste giornate “poco tempo, pochi metri, pochi chilometri, pochi minuti, … ” con Raimondo che, già in fase di precoce delirio da acido lattico, lo esorta ad essere un tantino più preciso. “Mari’, sì, ma poco quanto ?!?”

Si riparte e, dopo una salitina al 18% (alla faccia del “poco”), arriviamo al rifugio Berggasthof al passo Nigra, dove è prevista la pausa pranzo. Siamo al chilometro 26 dalla partenza da Pozza di Fassa ed abbiamo superato un dislivello positivo di 800 metri. Mancano 22 chilometri all’arrivo ed ulteriori 300 metri di dislivello da superare. Ci sediamo e cominciamo la degustazione dei piatti tipici del trentino. Le scelte degli atleti spaziano dai tipici canederli, alla polenta e salsicce, uova patate e speck per finire con torte e strudel. Da notare una liaison empatica tra la cameriera ed Emilio, che con il suo fare rude affascina la malcapitata. Emilio chiede come dessert gli Kaiserschmarren alla nutella. Dopo aver preso l’ordine della tipica frittata dolce trentina, e dopo una verifica in cucina, la cameriera affranta gli comunica che purtroppo la nutella è terminata. Allora, per renderlo felice a fine pasto gli porta una fetta di torta di grano saraceno accompagnata da una valanga di panna. Grande è la sua delusione quando Emilio finisce la torta senza nemmeno sfiorare la panna (che lui non mangia, così come non tocca i latticini ed i derivati del latte, ndr). Ma il “team” si vede anche in questi momenti. Per lenire la delusione e prima che il piatto venga ritirato, Alfonso, Roberto, Raimondo e Luca si tuffano nella panna e la finiscono. Il conto viene pagato da Emilio e Raimondo e subito (parliamo di nanosecondi) Tricountizzato.

Riprendiamo la marcia, in direzione di San Cipriano e poi Tires. Finalmente un po’ di discesa. Percorriamo otto chilometri tutti in discesa (-700 metri complessivi di dislivello). Qui registriamo una nuova caduta di Chiara.
Arrivati a Tires, percorriamo su asfalto un paio di chilometri per poi tornare su uno stretto trail che corre parallelo alla statale. E qui avviene il primo serio contrattempo. Un laccio della scarpa di Luca, colpevolmente lasciato lungo dall’atletico figlio del Presidente Roberto, si avvolge nella catena e blocca il cambio. La rotazione successiva spezza il forcellino e deforma irreparabilmente il cambio.
Siamo al chilometro 37. Ne mancano cinque all’arrivo a Fiè allo Sciliar e la bici è inservibile e non riparabile. Decidiamo di convergere verso la statale. Il trail è in discesa e quindi anche Luca, non dovendo pedalare, riesce a proseguire spedito. Marino cerca via internet un negozio / officina ma in zona non c’è nulla. L’unica soluzione possibile è chiamare un taxi che porti bici e biker a Fié e risolvere il problema l’indomani. Marino riesce a contattare un Taxi che ci raggiungerà in zona Santa Caterina, dopo l’abitato di Tires, tra circa trenta minuti. Il team sembra affranto e preoccupato. Una foto è emblematica di quanto sia alta la preoccupazione: tutti in posizione "balneare" a prendere il sole!

Come si evince dalla foto, il punto è pericoloso. Occorre spostarsi. Ma la strada è in piano o in leggera salita e non riusciamo a far andare a spinta la bici di Luca. Poi il “direttore” ha un’intuizione. “E se collegassimo le catene antifurto l’una all’altra e creiamo una fune di tiraggio, così da trainare Luca con un’altra e-bike ?”. L’idea di Alfonso è approvata. In meno di 2 minuti una lunga catena formata da 5 anelli viene fissata al manubrio di Luca ed alla sella di Marino. Con questa soluzione il team può spostarsi con buona velocità e raggiungere una piazzola dove il taxi recupera in sicurezza bici e biker.

Il resto del team prosegue in sella, lungo un bel trail di mezza collina e raggiunge finalmente Fiè allo Sciliar verso le 19.
Al Residence Baumgartner, ritroviamo il taxi con i bagagli ed i caricabatterie. Le bici vengono messe in garage sotto carica. I bagagli vengono portati nelle camere. Qui un po’ di confusione nell’assegnazione delle camere con il povero Marino, che vaga dalla stanza di Roberto a quella dei cinque giovani, per poi finalmente trovare asilo nella doppia (ma con due letti supplementari) di Alfonso e Raimondo.
Dopo le opportune docce e cambio d’abito, si decide per una cena in una pizzeria, per poi cambiare idea e fermarsi in una steakhouse, la Alpin Roof, a pochi metri dal residence. Ottima cena e ottimo vino, scelto dalla competente Lucia (buon sangue non mente!). Conto pagato e Tricountizzato da Alfonso e Livio. Marino ci comunica che domani una nuova bici in sostituzione arriverà con il Taxi. Al rientro al residence ci aspetta al varco la proprietaria, che attendeva i documenti di tutti ed essere saldata in contanti. Alfonso si occupa di raccogliere soldi e documenti. Ben dopo la mezzanotte tutto è regolato e, dopo la pubblicazione del oramai inevitabile reel Istagram di Raimondo, si può finalmente andare a dormire. Domani sarà una giornata pesante.
Day Two (5/9) – Da Fié allo Sciliar a Malga Brogles
39,7 km; 1180m D+; 1580m D-; 5:31 ore in sella; dati al netto di due impianti, Seiser e Resciesa; traccia;relive; peppe_reel#3; video
Il Residence Baumgartner è una struttura accogliente, ma non offre il servizio della prima colazione. A piccoli gruppi, la squadra si trascina all’Alpin Roof, che ha un angolo bar ben fornito di cornetti assortiti. Fatta colazione è ora il momento di approntare lo zaino per oggi. Come specificato nel prologo è questa la tappa dove occorre essere autonomi. Questa sera, infatti, non avremo la comodità del servizio taxi e quindi dovremo stivare nello zainetto l’occorrente per la notte e per l’indomani. O meglio occorre preparare un sacchetto che ci sarà consegnato ad Ortisei, prima dell’ultima salita ed arrivo a questa fantomatica malga Brogles. A complicare la situazione sono le previsioni meteo che prevedono pioggia nel pomeriggio di oggi. Ad ogni modo i 9 sacchetti sono pronti ed anche la nuova bici per Luca è pronta all’azione. Lasciamo Fiè allo Sciliar verso le 9.

Ieri, per il contrattempo del cambio rotto di Luca, avevamo modificato il percorso. Marino quindi oggi ci riporta sulla via di ieri per riprendere il trail come da programma originario. Ovviamente è inutile sottolineare che si sale.
Nei primi chilometri ecco un primo intoppo. La strada, alquanto stretta, è ostruita da ingombranti mezzi per la posa del manto d'asfalto. Ci sarebbe la possibilità di passare lateralmente ma gli operai del cantiere in uno stentato italiano, ci vietano il passaggio. Marino quindi cerca un'alternativa off-road (siamo sempre in mountainbike, occorre ricordare). La deviazione non è per niente semplice, dovendo calare le bici dall'alto in una stretta ansa della strada. Perdiamo almeno dieci minuti.
Man mano che riscendiamo ci fermiamo davanti alla pala meccanica ad attendere gli altri. A questo punto l'operaio della pala ci urla contro di spostarci per poter passare. "Adesso aspetti tu!", gli urla di rimando un ferreo ed intransigente Roberto. Seguono frasi in tedesco rivolte al Presidente, immaginiamo poco urbane. Senza muoversi di un millimetro Roberto ribatte "... e imparati a parlare l'italiano !" (Nel rispetto della ricostruzione degli eventi, va detto che la frase di Roberto viene formulata in napoletano/bacolese, creando un perfetto esempio di ossimoro linguistico. Ndr). Quando tutti sono giù ci muoviamo e finalmente lasciamo il cantiere della discordia. Ancora una volta è il Presidente a difendere i colori del team!
Si sale. Dopo "poco" arriviamo ad una fontana nel bosco e poi ci inerpichiamo su una nuova salita.

Attraversiamo alcuni trail boschivi. Chiara continua la sua sfida personale con l’equilibrio e cade presso un ponticello. Ma la nostra biker marchigiana è tosta e dopo pochi secondi è di nuovo in sella come se niente fosse successo. Arriviamo ad una diga, poi superiamo un allevamento di alpaca.
Dopo 12 chilometri da Fiè siamo al laghetto omonimo. Ci fermiamo a bordo lago presso un bar. Il contesto è “poco selvaggio”. Piattaforme di legno e scalette per entrare / uscire dal lago. Nessuno ha il costume con sé, quindi niente bagno. Ci riposiamo comunque. Foto a gogo, così come le telefonate di lavoro di Lucia, ma nache di Monica e di Raimondo. Quest'ultimo da ieri sfoggia una soluzione avveniristica per tenere ben saldi gli auricolari: due bei pezzi di scotch (tecnolò-gia, tecnolò-gia !)

Al momento il meteo è buono e cominciamo a sperare che l’acquazzone previsto nel pomeriggio non si verifichi (vana speranza ?). Riprendiamo il cammino in sella e affrontiamo 5 chilometri di saliscendi fino a Siusi allo Sciliar.
Arrivati all’impianto Seiser Alm Bahn, acquistiamo il pass per noi e le bici (paga Emilio e tricountizza all’istante). Arrivati in quota costatiamo che il tempo sta cambiando con minacciosi nuvoloni all’orizzonte. Percorriamo l’altopiano facendo poco sterrato e molto asfalto. Qui, infatti, la maggior parte dei sentieri è interdetta alle bici. La destinazione per il pranzo è il rifugio Saltria. Siamo stanchi e questo rifugio è ancora lontano.
Il tempo peggiora. Alfonso propone di fermarci al Rauchhütte ed il team approva. C’è folla. Si libera un tavolo all’aperto e gli anziani del team si siedono, poi è la volta dei giovani che trovano un bel tavolo nell’accogliente sala interna. La brezza gelida spinge anche gli anziani ad entrare e prendere un tavolo nella baita. Il pranzo è buono. Facciamo due chiacchiere con la proprietaria, una maratoneta che ci racconta della sua recente e bellissima esperienza a Napoli, che a suo dire è più pulita di Bolzano (bontà sua). Intanto Marino è un filo preoccupato. Aveva provato a dissuadere il gruppo a fermarsi, temendo per il meteo del pomeriggio. Ma “non mangiare” per Emilio e compagni è un’ipotesi che non viene neanche presa lontanamente in considerazione (e ce ne pentiremo amaramente).
Con la pancia piena (pure di dessert, una specie di babà altoatesino molto buono) e dopo quasi un’ora e mezza di sosta si riparte, sotto le prime gocce di pioggia. Affrontiamo una bella discesa, lungo un corso d'acqua e poi ai margini di una gola, verso Ortisei.
Comincia a grandinare. Arriviamo a Ortisei e, sotto una pioggia incessante, prendiamo le scale mobili. La pioggia concede una piccola pausa, il tempo di raggiungere la navetta e prelevare il famoso sacchetto per la notte, che stipiamo nello zaino. Le bici non sono molto scariche. Si decide quindi, per alleggerire il peso, di non portare tutti i caricabatterie ma solo 5. Raimondo acquista i biglietti per la storica funicolare del Resciesa. Nonostante il meteo siamo sereni. Dopo poco siamo a monte. Ed apriamo le porte.

Ha ricominciato a piovere, anzi in vetta troviamo una vera e propria bufera. Cerchiamo di coprirci come meglio possiamo e ci lanciamo sul trail di cresta, di circa cinque chilometri che ci divide dalla malga Brogles. Il fondo alterna ripide salite, su fondo di terreno (fango) o lastroni di pietra (scivolosissimi). La temperatura è intorno ai 5 gradi e siamo già completamente fradici. È chiaro a tutti che questi cinque chilometri sono lo sparti acque tra la vita e l’assideramento. Ognuno penserà lungo il percorso “ecco è arrivato il mio momento”. Alfonso, Luca e Roberto si lanciano alla massima velocità, surfando sulle pietre e mantenendo una velocità intorno ai 15 km/h. Luca in particolare ha un pantaloncino corto, un k-way con sotto solo una t-shirt e niente guanti. La velocità è la chiave della sua salvezza. Sarà il primo ad arrivare, seguito da Roberto. Alfonso, rallenta e viene raggiunto da Emilio che però si attarda sui lastroni finali. Arrivano entrambi pochi minuti dopo Luca e Roberto. Nella malga l’accoglienza è in linea con il meteo, ovvero gelida. Nonostante le condizioni di Luca, blu in viso, senza più sensibilità alle mani ed alle gambe, il personale della malga richiama i due a parcheggiare in altro luogo le bici ed a togliersi le scarpe prima di entrare. Quando Alfonso arriva, a brutto muso, chiede subito di portare Luca in camera e metterlo sotto una doccia calda. Raimondo è nelle retrovie, appena partito avverte un dolore intercostale. Dopo qualche secondo di preoccupazione, riprende a pedalare (“meglio provarci che finire qui congelato”). Alla malga arriva qualche minuto dopo, insieme a Monica. Anche lei in grave difficolta. Le mani congelate, che nel riprendere calore le provocano dolori lancinanti. Raimondo la assiste e Monica viene portate sotto un rubinetto per riscaldare le dita. Le urla della povera Monica durano per almeno dieci minuti. Alla fine, anche Livio, Chiara, Lucia scortate da Marino, entrano nella malga. Quasi tutti in ipotermia, ma salvi e finalmente all’asciutto. Appena l'ultimo biker varca la porta, smette di piovere ed le nuvole si diradano.
La priorità per tutti è una doccia calda. La malga dispone di una (dico una) doccia per gli uomini ed una per le donne. Inoltre, per avere l’acqua calda occorre inserire un euro. Comincia la giostra del “vado io”, “passami l’euro”, “fai presto che tra poco muoio”, … Dopo un’ora tutti sono in uno stato accettabile. Intanto Marino scopre che la malga non ci consente di ricaricare le batterie (dicono che hanno una scorta limitata di energia elettrica, a causa della pioggia che ha limitato la produzione dei pannelli solari). Intanto Alfonso chiede un phon. C’è ne solo uno, piccolo da viaggio, che si brucia dopo dieci secondi.
Insomma, il quadro iniziale è desolante: scarpe zuppe, abiti bagnati, pochi cambi (nel sacchetto abbiamo messo solo una tenuta per la sera/notte), impossibilità di asciugare i vestiti ed infine batterie a terra.
Ma il team Bike&Ski non demorde e non si abbate. La pioggia è cessata. Tutti scendono e cenano, con una vista stupenda del tramonto sulle vette dolomitiche. Marino riesce a “negoziare” un minimo di energia e mette in carica 3 bici alla volta. Per i vestiti ci affidiamo alla sorte ed al sole atteso per domani mattina. Si va a nanna preso. Anche domani sarà una giornata complicata (speriamo un filo meno di oggi). Raimondo finisce presto il suo terzo reel. Si può dormire sereni.

Day Three (6/9) – Da Malga Brogles a Badia
30km; 1340m D+; 1890m D-; 6:29 ore in sella; nessun impianto; traccia; peppe_reel#4; video; relive
Il nuovo giorno si apre con un cielo terso e un bel sole che spunta dalle maestose creste dolomitiche. La priorità uno è la colazione. Scendiamo tutti prima delle 8. La malga offre poche cose: pane, marmellata, miele, yogurt bianco, qualche affettato e un paio di formaggi locali. Al tavolo brocche di caffè americano e latte. Insomma, il minimo sindacale, ma siamo a 2000 metri. Non c’è personale in sala e Roberto è alla ricerca di un tovagliolo. Dopo aver atteso l’arrivo di qualcuno, decide di andare dietro il bancone del bar e usare il lavandino per sciacquarsi le mani. In quel momento arriva una cameriera. Alla vista di Roberto dietro il bancone sgrana gli occhi e con accento tedesco lo redarguisce ferocemente: “Ke kosa fa? Krede di essere a kasa sua?”. Un attonito Roberto incassa il colpo e non reagisce. Poi, dopo pochi minuti ed in separata sede, esprime tutto il suo disappunto alla cameriera, per una reazione del tutto inappropriata e fuori le righe. Ed aggiunge “se ci fosse stato qualcuno in sala non avremmo dovuto trovare noi una soluzione!”. Ad ogni modo i due si scusano a vicenda e la pagina si chiude. Si chiude non per “gli amici”, che per tutta la giornata prenderanno in giro Roberto, reo di sentirsi “a casa sua” in ogni dove.
Finita la colazione, su input di un oggi-brillante Peppe di Brogles, stendiamo al sole tutti i vestiti e le scarpe. La brezza ed il sole riusciranno ad asciugare in meno di un’ora i vestiti ed alle 9 siamo pronti per ripartire. L’ultimo problema, ovvero la ricarica delle bici, è stato brillantemente risolto da Marino che notte tempo ha fatto la spola tra la malga ed il garage, portando tutte le bici tra il 90 ed il 100 percento di carica.

Si parte per la Val di Funes. Obiettivo è il locale parco avventura, dove abbiamo appuntamento con l’auto ammiraglia. Percorriamo 3 chilometri su un trail in ripida discesa. Tra rocce, radici e salti risulta impossibile restare in sella. Saranno 40 minuti di cammino, bici al fianco, ma almeno così non cade nessuno.
Superato un ruscelletto, l’ultimo chilometro e mezzo è invece su strada forestale. Arrivati al parco avventura, svuotiamo gli zaini del kit notte e caricabatterie. Qualcuno si cambia e dopo dieci minuti ripartiamo. Prossima tappa Rifugio Genova. Inizia un lungo trail, neanche a dirlo in forte salita, che durerà dieci chilometri, superando quasi mille metri di dislivello.



Oggi il mood è positivo. Siamo fieri di aver superato le difficoltà del Brogles (ed essere sopravvissute alle stesse). Sul dislivello del 20% tutti usano con generosità la modalità Turbo. In coda, Alfonso e Raimondo chiacchierano con Marino. Dopo i primi 3 chilometri, Alfonso propone di fermarsi ad un rifugio, almeno per ricaricare la borraccia. Sfortunatamente il rifugio è chiuso. “Ragazzi tra 600 metri di dislivello abbiamo un altro rifugio e poi dopo altri 300 arriveremo al Genova”. Parzialmente rincuorati, riprendiamo la salita che si fa sempre più dura, con degli strappi al 20% e più. Il gruppo si sgrana e i giovani con Roberto ed Emilio hanno un ritmo decisamente più elevato. Oggi è proprio dura, e questo rifugio intermedio sembra non arrivare mai.
Finalmente dopo l’ultima curva arriviamo al rifugio Gampenalm. Qui, un agguerrito Emilio vorrebbe non fermarsi per arrivare subito in cima al Genova. “Vai, vai … “, gli urla Alfonso, che non ne vuole sapere di proseguire prima di aver mangiato qualcosa per ricaricarsi. Alla fine, tutti si fermano e mangiamo chi una barretta di cioccolata chi invece una più invitante fetta di torta di grano saraceno e salsa di mirtilli o uno strudel con crema allo zabaglione.
“Veramente volete mangiare al rifugio Genova?”. Una signora, seduta al tavolo vicino, avendo ascoltato il nostro piano non riesce a non metterci sull’avviso. “Ragazzi ci sono stata ieri e si mangia davvero male. Altre persone hanno avuto la stessa impressione. Invece, poco dopo, troverete un'ottima malga, il Vaciara che vi consiglio”. Ancora l’aggettivo indefinito infernale “poco” si affaccia sul nostro cammino. Ad ogni modo il consiglio della signora è così schietto e diretto che lo prendiamo in seria considerazione.
Dopo una sosta rigenerante di 15 minuti, riprendiamo il trail. Ancora uno strappone in salita. Si sale per infiniti tornanti, poi finalmente si arriva al rifugio Genova.
L’impressione è quella di un posto estremamente turistico e sulla scorta del consiglio della signora del Gampenalm, decidiamo di proseguire. Ovviamente la salita non è finita. Qui è Alfonso ad esibirsi in una bella caduta quasi da fermo. Proseguiamo poi su un bellissimo trail di cresta. Qui si pedala con il precipizio alla nostra destra. Alcuni punti sono eccezionali con inevitabili raffiche di foto. Siamo al passo Poma, a 2222 metri sul livello del mare. Spettacolo!
Dopo aver scattato centinaia di foto, riprendiamo il trail. Ora siamo in discesa. Alcuni punti sono tecnici che esaltano Raimondo, Alfonso, Roberto e Luca. Gli altri ove necessario proseguono a piedi. Il solo Roberto completa il tratto in bici senza mai scendere (almeno così afferma il nostro Presidente, ma non ci sono testimoni), mentre Alfonso, Raimondo e Luca scendono sugli ultimi scaloni di roccia. Poi un tratto di scale meno pericolose viene percorso in sella, anche se Alfonso devia sul più tranquillo prato. Siamo davanti ad una casetta privata, dove un anziano signore osserva la scena. Quando anche Marino arriva, invita Livio a scendere sul prato. Qui scatta il cazziatone del signore “non sul prato, quello è per far brucare gli animali”. Accettiamo il cazziatone, anche se notiamo in lontananza una moto da cross che taglia per i pratoni. Arrivano poi Monica, Chiara e Lucia senza grossi problemi. Si prosegue.
Arriviamo quindi ad un piccolo casale in legno. Si tratta di un negozietto di miele. Ovvero un miele senza miele, ottenuto dalla macerazione dei fiori di montagna. Quasi tutti assaggiano e Roberto acquista alcuni vasetti. Poi sempre in discesa con dei tratti davvero ripidi e tecnici, superate alcune baite (di cui una con una festa di montanari in vestito tipico), arriviamo alla malga Vaciara.
Il rifugio è piccolo, ma gremito. Ci sediamo su due tavoli distinti e ordiniamo il solito ventaglio di piatti (taglieri, canederli, polenta, uova speck e patate, …). Alfonso e Raimondo, seduti distanti nell’occasione ma sempre connessi telepaticamente, scelgono entrambi il tagliere. Il proprietario del rifugio, un omone con barba lunga e camicia a quadroni, porta loro un tagliere con alcuni pezzetti di formaggio, fette di salame, un vasetto di crema bianca (poi scopriremo cosa sia) ed un unico fettone di speck tagliato bello spesso.
“Huu ricottina di capra”, Alfonso si fionda sul vasetto e ne mangia un bel cucchiaio, per poi scoprire suo malgrado che si trattava di rafano assoluto. Saranno necessari abbondanti sorsi di birra per stemperare il fuoco sulle papille gustative. Ritrovata la lucidità mette mano allo speck. Mentre lo taglia, l’omone si avvicina al tavolo: “Lei si che se ne intende. L’ho capito subito”, si rivolge ad un Alfonso attonito, nel dubbio se fosse un complimento o una presa per i fondelli. “Sa, questo lo facciamo noi. Va tagliato a listarelle sottili”. Dopo averlo ringraziato per gli apprezzamenti sulla competenza e sulle modalità di taglio, Alfonso e in parallelo Raimondo si tuffano in questa delizia affumicata. Diranno entrambi “mai mangiato uno speck più buono”. Anche le altre portate sono molto buone ed il panorama sulle cime è impareggiabile. Alziamo i calici in onore della signora che al Gampenalm ce lo ha consigliato.
Trascorsa un’oretta decidiamo che è il momento di ripartire. Siamo al chilometro 18,9 dalla partenza da Brogles e mancano ancora 11 chilometri a Badia, nostra destinazione di oggi. Ma prima di ripartire due episodi vanno ricordati. Il primo. Raimondo si mette a giocare con un bulldog, che lo punta e benché al guinzaglio si dirige con fare minaccioso verso Peppe della Val Badia. Raimondo giocherella con la bestia inferocita e, ad avviso di chi scrive, rischia di essere evirato più e più volte. Il secondo. In parallelo e con il sottofondo dei latrati del bulldog, si consuma una ben più importante tragicommedia. Roberto e Marino indicano le cime di fronte a loro e come da tradizione parte la giaculatoria dei nomi delle vette: monte Muro, Sass de Putia, … Ma ecco quello che non ti aspetti. Da una sedia a sdraio si alza un anziano signore che dopo aver ascoltato tutta la sequenza sorride e dice “ragazzi state sbagliando di brutto.”. Parte un’accesa discussione tra i tre, che vede miseramente sconfitti Marino e Roberto, rei di aver confuso la metà delle cime!!! Con la coda tra le gambe i due ringraziano e si rimettono in sella. Fino a domani nessuno dei due parlerà più di montagne.
Inizia una lunga discesa lungo l’Open Air Mountain Museum, un trail simpaticamente decorato di sculture e installazioni varie in legno. Luca si fa immortalare su un trono, mentre Monica, Lucia e Chiara si godono una discesa tranquilla. Arriviamo quindi a Longiarù (al chilometro 25,5).
Manca poco (sei chilometri) ma c’è un’altra ripida salita da affrontare fino al passo Juell. Qui inizia lo stress tacche. “Ho due tacche, ma ora sono arancioni”. È Raimondo a rompere il silenzio, terrorizzato dall’eventualità di rimanere a secco proprio sull’ultima salita al 18%. Alfonso, che a Napoli è felice possessore di una splendida Cube motorizzata Bosh, lo rassicura: “Non preoccuparti, l’arancione indica che hai iniziato a consumare le ultime due tacche. Hai ancora autonomia sufficiente fino alla cima”. Raimondo non è del tutto convinto. Pedala vicino a Marino, pronto a “scippargli” la bici in caso di necessità. Arriviamo alla cima senza problemi e ci lanciamo nell’ultimo chilometro di discesa fino alla baita Jusciara, che ci ospiterà nella quarta e ultima notte.
Solita bagarre per capire chi dorme con chi e dove. Alla fine, la formazione è: Roberto ed il suo inseparabile Emilio in una doppia piccola ma con bagno. Poi in una bella mansarda Lucia, Livio e Monica. Anche questa con bagno dedicato. Chiara e Luca, in una doppia, ed Alfonso e Raimondo in un ambiente con angolo letto, cucina e living, condividono un terzo bagno. Marino viene aggregato suo malgrado ai due cavernosi russatori Alfonso e Raimondo. Ma questa volta il sempre sorridente Marino ha con sé un bel paio di tappi, che saranno preziosi per una notte tranquilla.
Roberto sembra preso da una frenesia demoniaca. Si prepara in pochi minuti e trascina giù in paese, Emilio, Marino, Luca e Chiara. Roby e i malcapitati percorrono più di cinque chilometri a piedi per recarsi in cento a Badia a salutare uno chef stellato, amico di Roberto (che non troveranno). Il resto del team con tutta calma, si prepara e con l’ausilio del taxi del Jusciara, raggiunge con tutte le comodità gli altri al ristorante scelto per la serata. La cena, in località San Leonardo, è tranquilla ed il gruppo effettua i primi bilanci. Emilio tiene sotto controllo l’app Tricount, assicurandosi ogni dieci minuti che il suo saldo fosse positivo. Si parla un po’ del piano di domani, dove, per la felicità di Raimondo, Luca e Roberto le parole chiave saranno “discesa” e “bike park”. Chiara e Monica, con Lucia mostrano qualche perplessità, ma sono pronte. Livio è contento: siamo quasi alla fine e non è mai caduto e, soprattutto, non si è ancora perso. Emilio, nei rari momenti in cui non controlla Tricount, sembra essere sereno. Alfonso è stanco, ma pronto per i trail del Sellaronda di domani. Riprendiamo tutti e dieci il Taxi e ci tuffiamo nell’ultima notte trentina (almeno per il momento). Raimondo pubblica il suo reel poco prima di mezzanotte.
Day four (7/9) – Da Badia a Pozza di Fassa
43,6 km; 570m D+; 2640m D-; 5:45 ore in sella; al netto di 4 impianti (La Villa, Campolongo, Arabba e Fodom); traccia; peppe_reel#5; video; relive
Le tempistiche di oggi sono dettate dai voli del rientro in serata, con l’alea del traffico verso Venezia. Per avere un buon margine di sicurezza fissiamo per le 15 l’arrivo insindacabile a Pozza di Fassa. Si decide quindi di ritrovarsi per la colazione alle 7.30, servita nella sala giochi per bambini di questa favolosa baita. Tutti pronti, carichiamo le valigie nell’auto ammiraglia alle 8. Saldiamo quindi Cristina, simpaticissima proprietaria del Jusciara, e siamo sorpresi dal prezzo incredibilmente competitivo, a tal punto che ipotizziamo un errore. Ma di questo ne riparleremo dopo. Il tempo per l’ennesima foto di gruppo e si parte verso La Villa.
Pedaliamo per sei chilometri su pista ciclabile fino all’impianto di La Villa. Qui inizia un complesso calcolo finanziario sull’indice di redditività differenziale tra l’acquisto del pass giornaliero (65€/pax) o dei singoli biglietti (tra i 50 e 70 €/pax a seconda dei possibili percorsi). Dopo un’attenta valutazione ed aver consultato in rete alcuni manuali di macro e microeconomia, si decide per il pass. Ognuno acquista il proprio biglietto (scelta caldeggiata da Emilio che vedeva vacillare il suo saldo positivo su Tricount) e si sale in vetta.
Alla spicciolata percorriamo i quattro chilometri in saliscendi sul pianoro fino al rifugio Pralongià. Prima dell’arrivo al rifugio, ci fermiamo in un punto super-panoramico e qui ogni atleta viene immortalato in tre scatti iconici: con alle spalle Cir, poi il gruppo Sella ed infine la Marmolada.
Ora apriamo un’ulteriore parentesi statistico matematica. Al lettore si chiede di stimare la probabilità di trovare per due volte consecutive, in date e orari diversi, in uno sperduto rifugio a 2000 metri, la stessa persona (che ovviamente non lavora nel detto rifugio). Bene, si consideri che la probabilità di fare cinquina al lotto, giocando solo 5 numeri e di 1 su 43 e rotti milioni, non siamo lontani dall’evento che avviene al Pralongià. Qui, infatti, incontriamo per puro caso Cristina, la nostra guida MTB del 2024, che Alfonso e Roberto avevano incontrato a luglio per puro caso nello stesso rifugio, durante una breve vacanza trekking con le famiglie.
Dopo due veloci chiacchiere con Cristina, ripartiamo. Il sorriso a 32 denti di Peppe del Sellaronda certifica il compiacimento quando siamo all’ingresso della prima discesa in stile bike-park. Iniziamo con i tre segmenti del trail Flé. Raimondo ed Alfonso si lanciano lungo il trail già percorso in passato più e più volte. Poi Luca ed Emilio (anche loro hanno esperienza sul Flé). Roberto scorta Monica e Chiara. Livio con il suo andamento compassato segue ed a chiudere una oggi-un-pelo-timorosa Lucia con Marino.
Qualche caduta, ma nessun danno grave. Tutti al loro ritmo arrivano a valle. Siamo al passo Campolongo. Prossima destinazione la seggiovia omonima ed il trail verso Arabba. Marino allerta che il prossimo trail è “hard”, proponendo per chi non se la sente di arrivare ad Arabba via asfalto. Dopo un minimo di riflessione, tutti e dieci prendiamo l’impianto. Arrivati in quota, immancabili foto con alle spalle il maestoso ghiacciaio della Marmolada.

Non mancano alcune esibizioni di "pole dance" di Monica e Luca, giusto per sottolineare la brillantezza della loro gioventù.
Come previsto il trail verso Arabba è tosto, con alcune paraboliche davvero insidiose. Con qualche stop & go e trail alternativi sulla forestale, tutto il team massiccio arriva ad Arabba sano e salvo.

Nuovo impianto da Arabba alla cima sotto la Marmolada. Tanti sono i ricordi di questa vetta, con le discese a tutta del 2017 con in testa un sempre spericolato Generoso o quelle del 2020, con Roberto che trascinò Emilio e Gerardo sul Passo Padon, o “passo ra maronn” e gli scissionisti Alfonso e Raimondo che si rifiutarono e presero la direzione opposta.
Il gruppo di quest’anno, con braccia e mani stanche per le tante discese, decide di fermarsi nel rifugio di Portavescovo. Si riparte dopo venti minuti in direzione dell’impianto Fodom. Il trail è largo ma molto molto ripido. Sulla destra partono alcuni single-tracks del Sellaronda arancione dove Roberto, Raimondo, Alfonso e Luca si buttano senza esitazione. Mentre il resto del team decide di continuare sulla pur sempre ripida, ma più larga strada forestale.
Prendiamo l’impianto Fodom, il quarto e ultimo di oggi, che ci porta al passo Pordoi. Di qui abbiamo due opzioni: la strada o l’Infinity Trail (sempre del Sellaronda Arancione) in direzione di Canazei. Emilio, che ha già percorso questo tratto in strada decide di restare su asfalto, seguito da Lucia. Gli altri si lanciano nel trail infinito. Come si evince dal nome, questo trail è fatto da interminabili segmenti, con passaggi tecnici tra ripidoni, radici e rocce. In bello stile Roberto, Luca e Raimondo si bevono il trail senza grosse difficoltà. Meno brillante, ma sempre in scioltezza, segue Alfonso. Poi il trio Livio, Monica e Chiara che dimostrano grande coraggio, nonostante fosse la prima volta per loro tre. A vegliare sul gruppo Marino, che mostra il miglior modo di approcciare i punti più complessi.
Il gruppo arriva a Canazei saltando l'ultimo tratto dell'Infinity, chiuso per manutenzione. Qui dopo qualche difficoltà gli otto si ritrovano con gli stradisti Emilio e Lucia, che avevano dato appuntamento in un punto (la piazzetta) e stavano aspettando bellamente in un altro (lungo fiume). Ricompattato il gruppo, acceleriamo (sono passate le 14:30) e ci fiondiamo lungo gli ultimi otto chilometri di pista ciclabile verso Pozza di Fassa.
Arriviamo tutti in Turbo al Fassa Bike Rent alle 15:15, quasi in linea con il piano fissato al Jusciara questa mattina. Qui restituiamo le bici, caricabatterie, caschi e catene (da traino) e, mestamente a piedi, ci dirigiamo al Monzoni.
Come pattuito il primo giorno, l’hotel ci concede l’uso dei bagni alla reception, dove possiamo quindi rinfrescarci e indossare gli abiti “civili”. Una volta fuori è l’ora di saldare il conto con Marino & famiglia, ma soprattutto abbracciarli e ringraziarli di questa nuova e splendida avventura. Che siamo sicuri non sarà l’ultima!
Il rientro (7/9)
Auto 1 (giovani) e auto 2 (meno giovani) sono pronte per il viaggio verso Venezia. L’idea è di non perderci di vista e rimanere compatti. Detto fatto. Dopo un minuto, ci perdiamo e ci ritroveremo solo alle porte di Venezia.
Mentre l’auto 1 fa una prima tappa al negozio di speck di Pozza, l’auto 2 parte a razzo verso valle. Qui inizia l’odissea di Emilio che necessita dell’acquisto di quattro pezzi di speck per i suoi cari ed ha mal interpretato le indicazioni di Marino. Ad ogni centro abitato cerchiamo un negozio di speck. Ma, essendo fine stagione e domenica pomeriggio, tutto è chiuso. Gli impertinenti Alfonso e Raimondo, ridendo a crepapelle, non esitano ad allertare Emilio su ogni negozio, storpiandone il nome: “Hei guarda Emilio … il Regno dello speck”, “ecco lì c’è … Solo speck”, “speck 24h su 24h“, “pane, amore e speck”, …
Alla fine, è Roberto che trova una soluzione per il disperato Emilio. Ci fermiamo ad un supermercato di una nota catena trentina Super-W. Qui Emilio da sfogo e compra tutto lo speck disponibile in negozio, mentre un prodigo Peppe della Val di Fassa, acquista speck affettato e gallette per un quanto mai apprezzato aperitivo, che consumiamo in auto.
Il Rendez-vous con il resto del gruppo è all'autogrill alle porte di Venezia, per salutare Luca e Chiara, che trascorreranno la notte nella città lagunare, per poi ripartire domani per l'Olanda. Auto 1 e auto 2 giungono quasi all’unisono in aeroporto. Emilio e Roberto si staccano per effettuare il drop-off del bagaglio di Roberto (con il miele non miele). Poi tutti si ritrovano nella food hall dell’aeroporto per un ultimo frugale pasto.
Breaking news da Badia: Roberto viene contattato da Cristina del Jusciara. Sembra che effettivamente ci sia stato un errore ed occorre pagare una differenza di 300 euro. La ferale notizia viene data da Emilio ad Alfonso. La cosa strana è che Emilio non sembra particolarmente seccato, mentre la cosa rimetterebbe in discussione tutto il bilanciamento del Tricount. Ci penseremo domani, è la chiosa di tutti.
Da notare un ultimo battibecco tra il personale del ristorante e Raimondo, reo di aver chiesto con troppa insistenza la tempistica delle portate. Poi si mangia (male) e si attende l’aereo (in ritardo di 30 minuti). Solo a notte fonda, mentre i nostri eroi arrivati a Napoli sono sulla strada del ritorno, i “buontemponi” Emilio e Roberto ufficializzano che i 300 euro del Jusciara erano una fake news. Con questa “buona” notizia finale, possiamo concludere la cronaca del nostro tour.
Epilogo
E così, dopo quattro giorni intensi, indimenticabili e spesso imprevedibili, il nostro Super Hero Bike Tour 2025 è giunto al termine. Le Dolomiti ci hanno messo alla prova, ma noi, il team Bike&Ski, abbiamo risposto con audacia, spirito di gruppo e una buona dose di incoscienza, uscendo vittoriosi da ogni singola sfida.
Ricorderemo sempre Lucia, la nostra instancabile imprenditrice, capace di macinare chilometri in sella mantenendo attiva la sua agenda lavorativa, e che con la sua competenza enologica ha saputo guidarci anche nelle scelte più gustose. Al suo fianco, Monica, che ha affrontato con grinta le prime inevitabili cadute, per poi stringere i denti a Malga Brogles con le mani congelate, dimostrando una resilienza e una tenacia ammirevoli. E Livio, sempre concentrato per non perdersi, memore della disavventura del 2024, il cui sorriso alla fine del tour, orgoglioso di non essere mai caduto, era la sintesi perfetta della nostra soddisfazione.
Poi c'è stato Luca, il più in forma di tutti, che sembrava mordere l'asfalto con la sua prestanza fisica, ma che ha anche vissuto l'incidente al cambio e la quasi ipotermia a Brogles, da cui è emerso come un vero surfista dei trail, quasi invincibile. E la nostra Chiara, con la sua sfida personale con l'equilibrio e le sue cadute, sempre pronta a rialzarsi e a rimettersi in sella come se nulla fosse successo, affrontando poi con coraggio anche le discese più tecniche.
Non potremo dimenticare Emilio, il nostro "desaparecido della bici" che, una volta tornato, ha subito trovato un amore profondo e quasi mistico per lo speck, controllando il Tricount con la regolarità di un orologio svizzero e divertendosi a diffondere "fake news" finali, solo per tenerci sulle spine.
Roberto, il nostro "presidente", si è rivelato un instancabile organizzatore, garantendoci rifugi e dimostrando un'incrollabile fermezza, come quando ha difeso il team davanti all'operaio del cantiere a Fié. E la sua energia contagiosa, che lo portava a proporre sempre nuove vette. Abile discesista, si è lanciato senza esitazione sui trail più tecnici.
Alfonso, il nostro "direttore", la mente logistica e strategica, che con la sua intuizione delle catene ha risolto un problema che sembrava insormontabile, e che con la sua innata "diplomazia" riusciva a piegare anche i più rigidi Car Rental. Anche lui ha avuto la sua caduta, quasi da fermo, a ricordarci che nessuno è immune dagli scherzi della montagna, ma sempre pronto nei trail più impegnativi. E Raimondo / Peppe X, la nostra "last-minute entry" che ha animato l'estate con i suoi "sì/no/forse" e che poi si è buttato nell'avventura. La sua ossessione per il "poco" di Marino, e la sua audacia nel giocare con un bulldog inferocito e nel domare i trail più tecnici. Un personaggio dai mille nomi (Peppe di Mestre, di Pozza, di Brogles, della Val Badia, del Sellaronda, della Val di Fassa, …) che ha immortalato i momenti salienti con i suoi reel e che ci ha deliziato con le sue perle di saggezza ciclistica.
E naturalmente, il nostro "super eroe" tra le guide, Marino, l'esperta guida alpina che con pazienza e competenza ha saputo condurci attraverso ogni sentiero, risolvendo brillantemente ogni imprevisto, dalla bici rotta di Luca alle batterie scariche a Brogles, anche se il suo "poco" ci ha fatto dannare più volte.
Ogni partecipante ha portato un pezzo unico a questa avventura, rendendola un'esperienza irripetibile. Le difficoltà affrontate, le risate condivise, i panorami mozzafiato, e il senso di profonda amicizia che ci ha legato, rimarranno scolpiti nei nostri ricordi. Siamo tornati, forse un po' più stanchi, ma sicuramente più ricchi e con una voglia inesauribile di affrontare nuove e sempre più adrenaliniche avventure.
Grazie per aver seguito le nostre gesta fin qui, e alla prossima! Restate sintonizzati per le nostre prossime imprese.


























































































































































































































































































































































































































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