L'ultimo quarto degli Astroni
- Alfonso Calabrese
- 28 dic 2020
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 28 dic 2020
Dopo un Natale e Santo Stefano di pioggia, il meteo promette una tregua per il 27 mattina. Siamo ancora in "zona rossa" e quindi anche oggi il nostro giro sarà nel territorio cittadino. Ma di urbano l'avventura di oggi non avrà proprio nulla. Decidiamo di affrontare per l'ennesima volta il cratere degli Astroni, ma in questa occasione l'obiettivo è quello di esplorare l'ultimo quarto del cratere, quello che in tanti anni non siamo mai riusciti a percorrere.
Facciamo un po' di chiarezza per chi tra i 4 lettori di questo blog non conosce questo paradiso naturalistico.
Il cratere degli Astroni è una formazione vulcanica, attiva fino a circa 3700 anni fa. Alto poco più di 250 metri slm, ha una bocca vulcanica regolare con una circonferenza pari a 5 km e 760 metri. Questo imbuto naturale ha preservato nel tempo una flora sub pluviale e le sue caratteristiche uniche vennero valorizzate dai Borbone, che qui realizzarono una riserva di caccia. Oggi l'interno del cratere è una riserva naturale, sede dell'oasi WWF Cratere degli Astroni. La riserva è delimitata da un muro perimetrale in tufo, fatto erigere dai Borbone sul bordo sommitale del cratere. Lungo tali mura di cinta sono presenti due sentieri paralleli: uno interno ed uno esterno alle mura, in alcuni punti comunicanti per la discontinuità del manufatto settecentesco.

Nei nostri 5 anni di attività in sella, abbiamo iniziato le esplorazioni accedendo dal varco Est ed uscendo da quello Nord (1/4 di giro). Poi ci siamo spinti fino al varco Ovest (mezzo giro) ed in seguito abbiamo scoperto l'ingresso Sud, aggiungendo ai precedenti il tratto da Sud ad Est e percorrendo quindi 3/4 del cratere, fino al varco Ovest.
Mai però ci eravamo spinti oltre il varco Ovest: il sentiero sembrava troppo ripido e sul web nessuno aveva commentato o postato escursioni tra il varco Ovest e quello Sud.
Oggi è il giorno giusto scoprire l'ultimo quarto. Oggi è il giorno giusto per affrontare l'ignoto.
Decidiamo di salire partendo da Pozzuoli ed oltrepassare la Solfatara. Della partita sono in ordine di valore economico della bici: Roberto, Fabio, Alfonso, Gerardo e Raimondo (ndr. Viste le numerose cadute, la bici di Raimondo, oggi Peppe Solfatara, ha un valore commerciale prossimo allo zero). Appuntamento alle 8.45 in piazza a Pozzuoli per un caffè con annessa sfogliatella: oggi si festeggia anche il compleanno di Alfonso.

Verso le 9 partiamo da Pozzuoli e saliamo per il rione Terra e ci immettiamo su Via Solfatara. Giriamo in direzione dell'ingresso del cratere e lo costeggiamo, affrontando la ripida salita dell'Hotel degli Dei.
La pendenza è non inferiore al 15%, ma siamo freschi ed in pochi minuti siamo in cima.
Fatte le consuete foto ci rimettiamo in sella e dopo una ripida discesa arriviamo su un sentiero sterrato posto proprio sopra il tunnel della Tangenziale, all'altezza della barriera di Pozzuoli.
Di fronte a noi vediamo il versante Est degli Astroni, nostro punto di ingresso di oggi al cratere. Dal punto dove ci troviamo sono poco più di 500 m in linea d'aria, ma non scorgiamo alcun sentiero per tagliare senza dover scendere e poi risalire di quota. L'alternativa infatti è scendere verso Agnano, passare sotto il viadotto della tangenziale e quindi risalire verso gli Astroni. Alfonso prova a percorre un sentiero che però si ferma in alcuni terrazzamenti, poco più a monte. Non c'è modo di proseguire. Mestamente orientiamo le bici verso Agnano e proseguiamo verso il sottopasso.
Roberto, oggi nostra guida di riferimento, ha un'esitazione sulla traversa da imboccare nel dedalo di stradine in zona Pisciarelli. Decide di chiedere info e ferma una passante. La gentile signora, il cui volto è celato da un'abbondante mascherina, gli risponde con ampi gesti. Quando poi comincia a parlare in cinese capiamo che non potrà esserci molto utile. Peppe Solfatara, oggi abbastanza silenzioso, però da il suo contributo ed indica la traversa giusta.
Oltrepassata la Tangenziale, la strada comincia nuovamente a salire con pendenze impegnative. Chiediamo ad alcuni passanti (questa volta nativi del luogo) che ci indicano il sentiero da imboccare. Passiamo tra il viola dei filari d'uva, l'arancio dei mandarini ed i variopinti fiori che si fanno breccia tra l'erba alta. Il panorama è bellissimo: l'aria tersa di oggi rende visibile tutto il golfo, le cime innevate del Vesuvio e del monte Faito. In lontananza riusciamo a scorgere anche Ponza e Ventotene.
Proseguiamo lungo un sentiero scavato dalle acque piovane ed in parte franato a valle. Dopo poco siamo in cima ed in prossimità del muro di cinta del cratere.
Arrivati sul sentiero del bordo sommitale del cratere, occorre scegliere: a sinistra verso Nord per il sentiero noto e rassicurante; a destra verso Sud e l'ignoto. Roby è deciso: "Ragazzi andiamo a destra! Il sentiero lo vedo tranquillo". Alfonso non si oppone; fa però notare che, dalle sue valutazioni basate su mappe satellitari, il sentiero è cieco e quindi occorrerà tornare indietro una volta arrivati all'altezza dell'ingresso pedonale della Riserva. Peppe Solfatara, da sempre cuore impavido, mostra qualche perplessità ma ... si accoda. Gerardo, abbastanza sfinito dalla lunga salita, si fida di Roby (o non ha energie e fiato per controbattere). Fabio, in sella alla sua e-bike è il più fresco del gruppo e non ha timori.
Senza esitazione alcuna tutti i componenti del gruppo scelgono la destra. Inizia quindi l'esplorazione dell' "l'ultimo quarto".
Il primo tratto del sentiero è molto bello: la sede, larga poco più di un metro. è pulita e ben tracciata. Alla nostra sinistra corrono filari di pini e querce, poi lo strapiombo verso l'interno del cratere. Scorgiamo tra gli alberi il lago ed i sentieri della riserva naturale.

Sovente dobbiamo scendere dalle bici per superare alberi caduti. Il sentiero si fa sempre più stretto e pieno di cespugli di rovi e spine. Procediamo a passo d'uomo. Roby è alla testa del gruppo e dopo ogni ostacolo ci rassicura: "qui è pulito ... tutto ok". Scendiamo di quota e il solo pensiero di dover risalire ci inquieta. Improvvisamente il sentiero interno finisce e siamo costretti ad oltrepassare il muro e proseguire sul sentiero esterno. Il muro ha numerosi varchi, questo ci tranquillizza. Al ritorno possiamo utilizzare uno di questi varchi e scendere lungo il crinale esterno, dirigendoci verso Pozzuoli o Agnano. Ma non vogliamo fermarci: occorre arrivare all'ingresso Sud.
Proseguiamo. Dopo 300 metri rientriamo all'interno ed imbocchiamo quello che non possiamo più definire un sentiero ma un budello largo 50 cm tra muro e rovi. Roby: "più avanti migliora".

Fabio deve trascinare la sua pesante e-bike, oltrepassando tronchi e parti collassate del muro. Oramai ha perso la sua baldanza di inizio giro. Gerardo lo assiste più che può. Peppe/Raimondo comincia ha nutrire più di qualche dubbio. Alfonso cerca di far ragionare Roby che però non demorde. Scendiamo ancora di quota ed intravediamo le costruzioni poste all'ingresso pedonale: siamo di circa 20 m più alti della sede stradale. Il sentiero ci conduce, bici in spalla, in un piccolo slargo dove Roby si gira e sospira: "mi sa che siamo bloccati". Davanti a noi un letto invalicabile di rovi per almeno 10 metri. a destra il costone del cratere a sinistra lo strapiombo verso la strada.
Siamo veramente bloccati: tornare indietro, risalendo il ripidissimo sentiero, è estremante difficile. Fabio e Gerardo con un tronco come machete si fanno largo tra i rovi. Riescono ad avanzare a fatica per 2 metri, ma non scorgono alcun segno di un nuovo sentiero. Calarci verso la strada è impossibile (siamo troppo in alto). A pochi metri dal traguardo non possiamo fare altro che tornare indietro, trascinando le bici e cercando di non precipitare sulla strada.
Faticosamente superiamo il primo tratto e risaliamo cercando un buco utile nel muro di cinta. Fabio e Raimondo prendono la testa del gruppo, seguiti da Roberto e Gerardo. Alfonso si è attardato in coda, avendo preso il sentiero sbagliato su indicazioni "dell'amico" Raimondo. Dopo pochi metri Gerardo si blocca: i rami hanno divelto la catena della sua Scott, che è completamente fuoriuscita dalla sede. Roby prima ed Alfonso poi aiutano Gerry. Neanche il tempo di fare 10 metri e questa volta è Roberto a fermarsi. Stesso problema, ma con il forcellino in parte piegato. Temiamo il peggio, ma dopo attente valutazioni meccaniche e dopo aver studiato tutti i cinematismi, Alfonso "a mazzo" ripristina la catena. Ci rimettiamo in sella e dopo poco arriviamo al sospirato buco.
Usciti sul crinale verso Agnano, cominciamo a scendere e con il permesso di gentili contadini locali attraversiamo i loro fondi e in poco meno di 20 minuti siamo ad Agnano.
Qui la lieta sorpresa finale. L'ottimo Gerardo, a guisa di novello Etabeta, tira fuori dallo zainetto uno squisito pecorino di Pienza, una Falanghina spumatizzata, bicchieri e posate, Ci godiamo il brindisi e festeggiamo "l'ultimo quarto" oramai non più ignoto.
Ci rivediamo alla prossima avventura.










































































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